Marion Zimmer Bradley - Tenebra Di Luce, BIBLIOTEKA, E-books (ITA)

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MARION ZIMMER BRADLEY
TENEBRA DI LUCE
(Gravelight, 1997)
PROLOGO
Morton's Fork, 14 agosto 1917
Questa tomba avrà un monumento vivente.
William Shakespeare
Il potere della Sorgente aumentava intorno a lei, nonostante le spesse
mura di pietra che lo avviluppavano. Era tardi, e la montagna sarebbe stata
inondata dalla luce lunare se non si fosse scatenato il temporale estivo che
stava salendo dal Watchman's Gap, la Gola del Guardiano.
Attie imprecò sottovoce e scosse le porte chiuse a chiave del sanatorio.
Come osava Quentin avvicinarsi alla Sorgente e pensare che lei non se ne
sarebbe accorta? Certo, poteva perdonargli molte cose, ma non questa. La
Sorgente era sua. Le aveva già rubato la terra, grazie agli avvocati che a-
veva ingaggiato e alla debolezza di suo fratello, ma non poteva sottrarle la
Sorgente. Era nel suo sangue, in quello di sua madre e di altre ancora pri-
ma, fino all'Inizio Luminoso. Ma egli l'aveva ostacolata su tutti i fronti, le-
gandola con catene fatte di leggi e denaro e, nella sua ricerca del potere,
l'aveva resa impotente.
«Quentin!» La voce di Attie era tagliente come una frustata. Picchiò con
la mano contro la pesante porta di vetro e legno di quercia, sapendo che la
poteva udire ovunque si trovasse e che doveva aspettarsi il suo arrivo. Do-
veva aspettarsi che si unisse a lui.
Si sbagliava.
«Quentin!»
gridò di nuovo Attie. La tempesta stava ormai attraversando
la gola, e le prime pesanti gocce di pioggia producevano grosse stelle scure
sull'elegante terrazza lastricata.
Voltò le spalle alla porta principale e cominciò a correre verso la parte
posteriore dell'edificio, dove si trovava l'entrata della cucina. Mentre cor-
reva, si tastò la tasca dell'uniforme da infermiera che indossava alla ricerca
del mazzo di chiavi. Quentin era stato felice di farla lavorare nel suo ospe-
dale esclusivo... come se lei avesse avuto la possibilità di scegliere, con
una figlia da crescere e nessun uomo accanto per aiutarla. Pensò per un at-
timo a sua figlia che in quel momento era a casa e stava dormendo. La pic-
cola Melly, che un giorno avrebbe ereditato la Sorgente... forse. Attie pen-
sava che fosse già troppo tardi. Quentin Blackburn aveva spalancato le
porte del sentiero sacro verso i Signori Luminosi senza riflettere sulle con-
seguenze: ora non c'era possibilità di fuga, per nessuno dei due.
Un lampo bianco-azzurro illuminò il muro di pietra e, come se si fosse
trattato di un segnale, l'acqua cominciò a rovesciarsi dal cielo come dalla
falla di una diga. L'acquazzone tolse il respiro ad Attie, e la riportò con il
pensiero alla realtà, ma il suo effetto durò solo un attimo. La Sorgente era
stata invocata, e il suo potere faceva apparire il mondo naturale irreale,
come un oggetto visto nello specchio di un prestigiatore. Attie avanzava
come sott'acqua, e con la mente era già all'interno, nel sotterraneo sopra la
Sorgente con Quentin e la sua odiosa congregazione. Le loro parole le ri-
suonavano nelle orecchie della mente:
«Noi invitiamo il Capro a comandarti! Vieni, principe degli elementi,
ondina, creatura dell'acqua. Tu che eri prima della creazione del mondo,
mai nato, mai creato, esule dalla Città prima! Come la morte invoca la
morte, come lo schiavo il padrone, noi ti chiamiamo...»
Attie scosse il capo, tentando di scacciare quella cantilena dalla testa, e
in quel momento la paura ritornò, più forte di prima. Per cento generazioni
le donne Dellon e quelle che erano venute prima di loro si erano avvicinate
alla Sorgente nascosta con terrore e lamenti. Anche ora avrebbe chiesto
pietà per il suo amante alle potenze che questi aveva avventatamente ri-
svegliato, ma i Signori Luminosi erano implacabili come la terra gelida.
Allungò la mano vero la porta posteriore e la aprì con la chiave rubata.
La cucina, avvolta nell'oscurità, riecheggiava come un tamburo a causa
della pioggia. I fiammiferi le tremarono in mano, e ne ruppe tre prima di
riuscire ad accenderne uno. Una volta che riuscì ad accendere la lampada a
kerosene, le sagome imponenti della stufa nera di ferro e del frigorifero a
gas che ronzava proiettarono ombre mobili e minacciose sui muri intona-
cati. Le pentole appese alle pareti oscillarono leggermente, come se fosse-
ro state disturbate dalla tensione presente nell'aria. Attie strinse più forte la
lampada.
Sorreggendo il lume con cautela, attraversò la cucina di corsa ed entrò
nella sala da pranzo attigua. Un lampo apparve dietro le alte finestre e sui
tavoli, già apparecchiati per la colazione, si illuminarono per un attimo il
damasco bianco e i piatti d'argento.
Dov'era l'entrata del suo tempio?
Dove?
Era stato così riservato. E se
non fosse riuscita a trovarlo?
«Quentin...» gemette Attie, e questa volta una nota di sconfitta le velò la
voce.
A trenta metri sotto terra la liturgia si avvicinava al momento culminante
nel tempio che Quentin Blackburn aveva eretto. Le pietre dell'edificio era-
no un tempo appartenute alle pareti di una cappella di un convento france-
se, e per secoli avevano assorbito le preghiere di sante vergini. L'altare su
cui si trovava la vittima da sacrificare risaliva a un'epoca ancora più magi-
ca e antica: dal tempio egiziano in cui era stato innalzato, il basalto nero
consumato aveva assistito alla nascita e alla caduta dell'Impero Romano.
Circondato dai membri della sua congrega di stregoni Quentin Bla-
ckburn, Magister Magus della Chiesa del Rito Antico, torreggiava sulla
donna stesa sull'altare, con la corona di corna di caprone in testa e la tunica
aperta per rivelare il corpo nudo e coperto di disegni. Stringeva in mano il
pugnale per il sacrificio dall'impugnatura rossa, e la lama consacrata sem-
brava tremare per l'impazienza di svolgere l'opera sanguinosa che l'aspet-
tava. Quentin aveva detto a Sarita che quella sera sarebbe divenuta immor-
tale, ma non le aveva spiegato come.
Sui muri le torce, unica fonte di illuminazione, emettevano fiamme
guizzanti e fioche, e dipingevano sulle pareti ombre danzanti mentre i fe-
deli raggiungevano deliri orgiastici scatenandosi in canti e danze; ma sa-
rebbe stato il sangue di Sarita a conferirgli il potere del Passaggio tra i
Mondi... se il Passaggio avesse accettato il sacrificio di una vittima non
appartenente alla Stirpe del Sangue.
Avrebbe potuto ottenere il potere mesi prima, se la ragazzina Dellon a-
vesse cooperato. Come aveva osato opporre le sue stupide superstizioni da
zotica ignorante all'illuminazione della potente Scienza Occulta del vente-
simo secolo? Non si accorgeva che il vecchio mondo stava cambiando?
Anche ora la guerra, manifestazione terrena del conflitto nei Piani Interni,
stava devastando l'Europa, spazzando via l'ordine precedente nel nome del-
l'evoluzione del Superuomo, a cui tutte le razze della Terra si sarebbero un
giorno inchinate. Una volta che il potere sarebbe stato nelle sue mani, an-
che Attie Dellon si sarebbe inchinata a lui, oppure sarebbe stata il suo
prossimo dono al Passaggio.
La frenesia raggiunse il punto massimo. Quentin sollevò il pugnale so-
pra la testa, incurante ormai del fatto che Sarita potesse vederlo.
«Fermati!» Il grido squarciò l'aura di energia come una saetta gelida. Il
ritmo della cerimonia vacillò, e l'impeto dei fedeli si dissipò. Quentin Bla-
ckburn alzò gli occhi e incrociò lo sguardo di Attie Dellon. Sull'altare, Sa-
rita si mise bruscamente a sedere. Si strinse nella tunica rituale e fissò pia-
gnucolando il pugnale che Quentin impugnava.
La forza ora era divisa tra due fuochi e vorticava tra loro, cercando di
unire l'uomo e la donna per legarli in un unico grande evento. Il silenzio si
trasmise da Attie Dellon come le increspature prodotte da un sasso gettato
in uno stagno. Era vestita di bianco - indossava l'uniforme da infermiera - e
teneva una lampada a kerosene accesa in mano.
«Hai dunque deciso di unirti a noi, Athanais Dellon?» chiese Quentin,
cercando di mettere nelle sue parole una sicurezza che non provava.
«No.» La sua voce era dura come la roccia. «Sono venuta a fermarti,
Quentin Blackburn.»
Il corpo della donna era circondato da un alone dorato: a Quentin ci vol-
le qualche secondo per capire che vedeva quella luce con gli occhi tempo-
rali, non con quelli dello spirito. Era il chiarore diffuso dalla lanterna che
veniva riflesso dal fumo circostante.
«Ti avevo avvisato fin dall'inizio che non dovevi giocare con la Sor-
gente», gli ricordò Attie. «Hai rubato tutto il resto alla mia famiglia, Quen-
tin Blackburn, ma non mi sottrarrai anche questo. Ti avevo avvisato», ripe-
té, e ora, finalmente, Quentin riuscì a sentire l'odore del fumo, più forte
dell'aroma dell'incenso.
Quentin cominciò a dirigersi verso di lei con estrema lentezza. Al centro
del tempio riccamente decorato i seguaci, spaventati e disorganizzati, esita-
rono e finirono per dirigersi verso l'ingresso bloccato da Attie.
«Spostati, donna!» abbaiò Quentin, raccogliendo il potere che gli aveva
permesso di innalzare un altare della Chiesa del Rito Antico in quel luogo.
Attie, in effetti, si mosse, ma un Potere più forte aleggiava sopra la sua te-
sta, ed essa si inchinò con un silenzio beffardo e si spostò dal passaggio.
Una mezza dozzina di fedeli si precipitò verso le scale, mentre le com-
plicate tuniche rituali costituivano più un impedimento che una manifesta-
zione delle forze occulte ai loro ordini. Un istante dopo si udirono le prime
urla, quando qualcuno aprì la porta in cima alle scale e un muro di fumo
denso e nero cominciò a invadere il passaggio. In lontananza, più forte del-
le grida, Quentin udì il suono metallico dell'allarme antincendio della casa
di cura.
Il sanatorio Wildwood stava bruciando.
Corse alla porta - quella che portava non alle scale che salivano, ma ver-
so il basso - e ne tirò inutilmente la maniglia. Era chiusa e, usando tutta la
cautela che l'intelligenza gli aveva suggerito, quella sera non aveva portato
la chiave con sé. Quella notte vi era una sola uscita possibile dal tempio.
Udì uno schianto dietro di lui. Quentin si voltò di scatto cercando Attie,
e la vide in piedi, davanti all'altare; udì le sue risa folli mentre scagliava la
lampada e il combustibile attaccava il fuoco ai drappi che coprivano l'alta-
re. Il boato delle fiamme copriva ogni altro suono: la tempesta, le urla, la
corrente di acque ctonie che scorrevano sotto di loro.
«Perché?» La sua domanda era un ruggito di rabbia e delusione.
«Ti avevo avvisato.»
Quentin vide le labbra di Attie che esprimevano un rimprovero si-
lenzioso e il fuoco che le lambiva la gonna, bruciando ciò che poteva.
Distinse le lacrime che le rigavano le gote un attimo prima che «membri
sopravvissuti della setta gli si affollassero intorno, separandolo da lei men-
tre lo imploravano di salvarli quando ormai non c'era più via di salvezza.
Per un attimo l'uomo apparve dietro la maschera del Magus; in preda alla
disperazione, gridò il nome della sua amante.
«Athanais!»
E poi non ci fu più nulla, solo il fuoco.
CAPITOLO 1
UN LUOGO AUSTERO E PRIVATO
Un viaggiatore dalla culla alla tomba
attraverso la notte incerta di questo giorno immortale.
Percy Bysshe Shelley
Più di tre secoli fa, i primi europei avevano valicato queste montagne:
erano individui desiderosi di vedere cosa si trovava dietro l'orizzonte delle
strane terre che avevano raggiunto. Sulle orme di quei pionieri ne erano
venuti altri, allo scopo di ottenere e mantenere il possesso della terra. Era-
no stati loro a battezzare il luogo in cui si erano installati Morton's Fork, la
Forca di Morton: il nome ricordava la punizione di un ecclesiastico la cui
ingiustizia faceva ancora soffrire diverse generazioni più tardi.
Nel corso del Settecento e del secolo successivo la città si sviluppò alla
meglio, finché non venne scoperto nelle colline della Virginia occidentale
carbone in enormi quantità, il combustibile necessario all'espansione della
giovane nazione; bisognava però estrado dal cuore delle montagne in cui si
trovava sepolto. Le società minerarie si installarono quindi tra i monti della
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